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«Guardare a San Nicola diviene per noi tornare a guardare a Oriente, lì dove nasce il sole, Cristo Nostro Signore»

Omelia di S. E. Mons. Giuseppe Satriano nella S. Messa al Molo di Bari per la Festa della traslazione delle ossa. Mercoledì 8 maggio 2024

            Dopo l’approdo a Cala Pantano a San Giorgio e il corteo storico della caravella che ha attraversato la Città, recando il quadro raffigurante il Santo, oggi celebriamo la memoria della traslazione del corpo del Santo con una particolare attenzione ai fratelli pellegrini provenienti da lontano e da i diversi territori del nostro Paese, è la festa de l’ ziazi’; domani la celebrazione in Basilica, con il rito del prelievo della santa manna, segnerà la festa dei baresi.

            Un cammino scandito da tre giornate intense in cui sperimentiamo la presenza viva di san Nicola in mezzo al suo popolo e nel quale desideriamo fare memoria del prodigioso pellegrinaggio per mare dei nostri 62 marinai che, animati dal desiderio di mettere in sicurezza le spoglie mortali di Nicola, partirono senza indugio per una missione delicata e difficile.

            Oggi siamo qui, proprio sul molo, a rendere grazie per quanto vissuto e per il dono provvidenziale di un Santo che, testimone di compassione e prossimità, riscalda i cuori, consola e apre la vita di tutti noi a declinare il linguaggio dell’amore vero e senza finzioni.

            È bello e riempie di gioia vedere per le strade di Bari tanti pellegrini che, animati da sincera devozione e affetto per san Nicola, intraprendono lunghi viaggi, spesso a piedi, per raggiungere il nostro capoluogo e rendere omaggio al Santo.

            È uno spettacolo di amicizia, devozione e fede. Con la loro presenza, i pellegrini ci insegnano una postura essenziale per la vita cristiana, quella del camminare, dell’orientarsi verso una meta che si avverte ricca di senso e significato per la propria vita.

            La loro presenza ci onora e ci provoca nel riflettere sulla postura del pellegrino che sceglie la strada come orizzonte da solcare. Consapevole del proprio limite, il pellegrino cammina nella storia, povero di risorse ma ricco della voce di Dio.

            È questa voce, la parola di Dio, che rischiara, orienta e sostiene il cammino di tutti noi.

            Viaggiare a piedi significa limitarsi all’uso delle cose essenziali. Ogni concessione al superfluo si paga in termini di fatica.

            Camminare da pellegrini è un mettersi a nudo in un faccia a faccia con il mondo, sapendo scorgere la parte più intima e vera di se stessi. Tutto si dischiude senza reticenze, il mistero si svela sotto una luce ricca di stupore e gli eventi diventano segni luminosi di un nuovo itinerario interiore.

            Ecco il bell’esempio che i nostri pellegrini ci donano, portando alla luce un vuoto che anche noi siamo chiamati a colmare: il bisogno di spiritualità.

            Questa festa a noi tanto cara non può essere incastonata solo in un caleidoscopio di belle tradizioni religiose, culturali e gastronomiche.

            Ricordare la traslazione del corpo di San Nicola è chiamata viva a “traslare” la nostra vita verso orizzonti di grazia, di bene, di impegno civico ed ecclesiale.

            Anche il profeta Isaia nella prima lettura ascoltata mette sulla bocca di Dio queste parole forti:

“Ti ho formato e ti ho stabilito come alleanza del popolo, per far risorgere la terra, per farti rioccupare l'eredità devastata,

per dire ai prigionieri: "Uscite", e a quelli che sono nelle tenebre: "Venite fuori".

Essi pascoleranno lungo tutte le strade, e su ogni altura troveranno pascoli. Non avranno né fame né sete e non li colpirà né l'arsura né il sole, perché colui che ha misericordia di loro li guiderà, li condurrà alle sorgenti d'acqua”.

Siamo chiamati a “Uscire”, a “Venire fuori” dalle nostre tenebre, dai nostri accomodamenti, siamo chiamati a riposizionare lo sguardo verso la meta, verso la luce.

San Nicola ci invita, e lo fa con forza mediante il miracolo della manna, a ritrovare la vita, il senso del nostro cammino, sapendo rimettere al centro l’uomo con le sue fatiche e i suoi aneliti più veri.

Il nostro Occidente si ritrova a vivere una civiltà del tramonto. Ripiegato su se stesso, ha elaborato un modello culturale, economico, sociale che ha condotto tutti dentro una profonda crisi, capace di creare vuoto e povere prospettive di futuro.

Le scoperte tecnologiche di cui andiamo fieri non vanno di pari passo con la crescita in dignità dei nostri vissuti. I giovani da tempo, con la loro voce fresca e talvolta scomposta, chiedono ascolto vero, scevro da pregiudizi e ricco di compassione.

Oggi guardare a San Nicola diviene per noi tornare a guardare a Oriente, ovvero lì dove nasce il sole, Cristo Nostro Signore.

Lasciamoci “traslare” anche noi, nello sguardo. Lasciamoci mettere in cammino, riprendiamo la postura del pellegrino, spostiamo l’attenzione dai fumi passeggeri del consenso, che gonfia ambizioni e orgoglio, alla carne delle donne e degli uomini “atterrati” dalla vita. Sono loro il luogo privilegiato dove Dio sceglie di abitare, veri santuari dell’umano, da incontrare con la stessa devozione che dedichiamo ai luoghi di culto del nostro amato Santo Patrono.  

San Nicola, pastore profumato di popolo e di mare, uomo dai gesti semplici e diretti, rivolti alla vita concreta della gente, ci aiuti ad alzare lo sguardo, a ‘orientare’ la nostra vita, le nostre scelte, i nostri desideri alla verità dell’uomo più che all’opinabilità delle idee.

Caro San Nicola, per me e la mia gente, non ti chiedo miracoli o visioni, ma la forza di affrontare il quotidiano. Preservaci dal timore di poter perdere qualcosa della vita. Non darci ciò che desideriamo, ma ciò di cui abbiamo realmente bisogno. Insegnaci l’arte dei piccoli passi… e così sia!

† Giuseppe Satriano

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